"Aprite i cassetti e metteteci dei sogni nuovi: questo è il tempo della precarietà!"

Pubblicato il 13 Luglio 2013

"Aprite i cassetti e metteteci dei sogni nuovi: questo è il tempo della precarietà!"

Articolo del 1 giugno 2012

Lo scorso week end a Paestum si è svolto un interessantissimo convegno, promosso dall’IIPR (Istituto Italiano Psicoterapia Relazionale) e dalla SIPRES (Società Italiana di Psicoterapia Relazionale e Sistemica), dal titolo: “Conoscere attraverso la relazione: interazioni e rappresentazioni nel tempo della precarietà”. Tale meeting ha consentito a tanti psicoterapeuti e psicologi di fermarsi a riflettere sulla “precarietà”, parola, spesso abusata, che tanto spaventa chi la pronuncia o la ascolta perché sovente associata all’incertezza, all’instabilità, alla temporaneità, all’insicurezza ecc. E in effetti la precarietà oggi sembra invadere tutto: le relazioni, il lavoro, la nostra stessa permanenza sulla terra (terremoto)… Tante sono le emozioni che tale vocabolo suscita specialmente se a pronunciarlo sono dei trentenni che, il più delle volte, pur essendo laureati, iperspecializzati e impegnati in tanti lavori, in nome di quella parolina non hanno la possibilità di vivere da soli e sono per questo costretti a rimanere ancora in casa con “mammà e papà”. Lo svincolo, come classicamente descritto nel ciclo di vita familiare degli anni cinquanta, oggi sembra essere diventato un processo davvero articolato da compiere se si è costretti a portarlo a compimento senza una reale uscita di casa dei figli, costringendo adulti, appartenenti a generazioni differenti, a convivere insieme. E così ai trentenni capita spesso di sentirsi, come ben sottolinea Isabelle Vial nel suo libro “I trentenni”, “bambinoni che vivono in una sorta di no adult land”perché sono “i primi a dover crescere senza far invecchiare i loro genitori”. Tutto ciò non può che avere delle ripercussioni sul morale di tanti giovani-adulti che, insoddisfatti di quanto il mercato del lavoro offre loro, scontenti e delusi, tendono a riversare questa precarietà anche in altri tipi di relazioni, come quelle sentimentali.

La storia dei miti greci ci insegna che il nuovo, per trovare il suo spazio, deve evirare il vecchio, spodestandolo dal suo trono, oppure ucciderlo … Ai nuovi “nuovi” fare ciò non è possibile: i “vecchi” vogliono rimanere “nuovi” (ad aiutarli c’è anche un’età per il pensionamento che ha veramente dell’assurdo). Che resta da fare dunque in un tempo in cui il “nuovo” deve convivere necessariamente con il “vecchio”? Forse dare vita a un proficuo dialogo tra le diverse generazioni affinché ognuna possa apprendere dall’altra modi diversi di essere al mondo, potrebbe essere la giusta soluzione. Se il “vecchio” non può e non vuole morire, devono per lo meno morire le “idee vecchie”. Non è questa una società del contratto di lavoro a tempo indeterminato, non è questa una società di mutui ottenuti con una busta paga che faccia da garanzia … Solo abbattendo gli infondati sogni che i giovani d’oggi, sulla falsa riga dei loro padri, ancora perseguono vanamente, solo abbattendo le assurde richieste di una società che ancora inneggia il posto fisso come se esso determinasse uno status di felicità, potremo vedere le possibilità che la precarietà offre, oltre ai ben evidenti e noti limiti che comporta. E’ il confrontarsi ancora con modelli del passato che fa deprimere la maggior parte dei “figli” che alle volte si trovano a confortarsi con dei genitori che, solo per il fatto di avere i propri “pargoli” ancora in casa, perdono di vista che quelli con cui si stanno confrontando sono degli adulti, con le loro nuove esigenze, con il loro nuovo modo di vedere il mondo e con il loro nuovo modo di progettare. Se è vero, infatti, che ai trentenni di oggi è difficile programmare e sognare un futuro, perché questo tempo è stato loro un po’ negato, costringendoli da bravi precari a inventarsi una professione ogni giorno, quanto è anche vero che questa è una generazione unica perché nella sua enorme e talentuosa flessibilità riesce a cogliere il “qui e ora”, il tempo opportuno, quelli che i greci chiamavano il Kairòs? Certo bello sarebbe se tale flessibilità, che la precarietà tanto alimenta e comporta, fosse accompagnata anche da una giusta ed equa remunerazione … ma su questo ci sarebbe da aprire un altro capitolo …

Psicologa Dott.ssa Roberta De Martino

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I agree to the fact that the term “precarious” seemed to come in everyone’s life much often. It was a very informative post as it tells about the various implications in life, from the very experts in psychology field. Please keep on sharing such stuffs.
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